venerdì 17 febbraio 2012

Nomi.


Ne leggi infiniti, quando fai un lavoro come il mio. E spesso hai la sensazione si ripetano. Mi è capitato in maniera inquietante sopratutto oggi, quando per tre volte mi è capitato lo stesso nome. Tre chiamate diverse, tre città diverse, tre età diverse e lo stesso nome. Non posso scriverlo, per ovvie ragioni di privacy, ma vi garantisco non era il solito, banale Giuseppe Rossi. Magari fosse stato quello. Era uno di quei nomi che noi operatori facciamo fatica a gestire, ridicolo, francamente imbarazzante, di quelli che ti chiedi che razza di genitori deve aver avuto, per avergli inflitto un destino del genere. Un nome che parla chiaramente di bullismo a scuola, fin dalla più tenera età, dal primo appello in classe in poi. Un nome che racconta, chiaramente come un tatuaggio, tutta un'adolescenza fatta di frustrazione e di prese in giro, di imbarazzo e di amici che ti chiedono, ma come cazzo ci convivi con un nome così? Sopratutto quando ad un nome del genere è associato un cognome ancora peggiore. Ma perché? Quale razza di perversione consente a due genitori, che presumibilmente si amano, che gioiscono della vita in arrivo, di poter dare al loro amato pargoletto un nome che sarà per tutta la sua vita motivo di vergogna, imbarazzo, frustrazione, dolore.
Non me la raccontano... quel bambino non lo volevano, ed hanno deciso di punirlo fin dalla culla. Fin dalla prima registrazione in anagrafe. Ma di impiegati pietosi che cercano di convincere il signore e la signora Indelicato a non chiamare il loro pargoletto Felice, non ce ne sono più? Ed ai signori Chiappa, perché nessuno ha spiegato che chiamar la figlia Bianca non sarebbe stato una bella cosa? Ed al signor Fanatico che non era una buona idea chiamare il figlio Salvatore?  

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